L 16-06-1927 N. 1766

-Conversione in legge del R.D. 22 maggio 1924, n.751, riguardante il riordinamento degli usi civici nel Regno, del R.D. 28 agosto 1924, n.1484, che modifica l'art. 26 del R.D. 22 maggio 1924, n.751, e del R.D. 16 maggio 1926, n.895, che proroga i termini dall'art. 2 del R.D. L. 22 maggio 1924, n.751.
   1. Per l'accertamento e la liquidazione generale degli usi civici e di qualsiasi altro diritto di promiscuo godimento delle terre spettanti agli abitanti di un Comune, o di una frazione di Comune, e per la sistemazione delle terre provenienti dalla liquidazione suddetta e delle altre possedute da Comuni, università ed altre associazioni agrarie, comunque denominate, soggette all'esercizio di usi civici, si osserveranno le disposizioni della presente legge.
   2. Nel giudizio di accertamento circa la esistenza, natura ed estensione degli usi civici ove non esista la prova documentale, è ammesso qualunque altro mezzo legale di prova purché l'esercizio dell'uso civico non sia cessato anteriormente al 1800.
   3. Chiunque eserciti o pretenda esercitare diritti della natura di cui all'articolo precedente, è tenuto, entro sei mesi dalla pubblicazione della presente legge, a farne dichiarazione al commissario istituito ai sensi dell'art. 27. Trascorso detto termine senza che siasi fatta la dichiarazione, rimane estinta ogni azione diretta ad ottenere il riconoscimento dei diritti medesimi, che non trovinsi in esercizio, e la rivendicazione delle terre soggette agli usi civici. Per la generalità degli abitanti le dichiarazioni e le istanze saranno fatte dal podestà o dalla associazione degli utenti, ove esista, salvo ai singoli di provvedervi direttamente; nel quale ultimo caso il commissario potrà chiamare in giudizio i legali rappresentanti del Comune, della frazione o dell'associazione. Le dichiarazioni e le istanze potranno essere presentate anche al pretore, che ne curerà la trasmissione al commissario.
    4. Per gli effetti della presente legge i diritti di cui all'art. 1 sono distinti in due classi: 1° essenziali, se il personale esercizio si riconosca necessario per i bisogni della vita; 2° utili, se comprendano in modo prevalente carattere e scopo di industria. Appartengono alla 1ª classe i diritti di pascere e abbeverare il proprio bestiame, raccogliere legna per uso domestico o di personale lavoro, seminare mediante corrisposta al proprietario. Alla 2ª classe appartengono, congiunti con i precedenti o da soli, i diritti di raccogliere o trarre dal fondo altri prodotti da poterne fare commercio, i diritti di pascere in comunione del proprietario e per fine anche di speculazione; ed in generale i diritti di servirsi del fondo in modo da ricavarne vantaggi economici, che eccedano quelli che sono necessari al sostentamento personale e famigliare. Per gli effetti della presente legge sono reputati usi civici i diritti di vendere erbe, stabilire i prezzi dei prodotti, far pagare tasse per il pascolo, ed altri simili, che appartengono ai Comuni sui beni dei privati. Non vi sono invece comprese le consuetudini di cacciare, spigolare, raccogliere erbe ed altre della stessa natura. Di queste gli utenti rimarranno nell'esercizio, finché non divengano incompatibili con la migliore destinazione data al fondo dal proprietario.
    5. Il compenso per la liquidazione dei diritti suddetti è stabilito in una porzione del fondo gravato o della parte del fondo gravata da assegnarsi al Comune, nel cui territorio il fondo stesso si trova, e che sarà determinata nel modo seguente. Per i diritti della prima classe, comunque esercitati, l'anzidetta porzione di terreno corrisponderà al minimo di un ottavo del fondo, che potrà, secondo la varietà dei casi e le circostanze essere elevata ad un terzo ed anche sino alla metà. Per i diritti della seconda classe il compenso, tenendo conto dei criteri suddetti, potrà da un minimo di un quarto elevarsi dal commissario fino al massimo di due terzi del fondo. Questo compenso comprenderà anche quello che corrisponde ai diritti della prima classe, qualora anche questi siano in tutto od in parte esistenti sul medesimo fondo. Allorché si tratti di un solo diritto, che a giudizio del commissario sia di tenue entità, il compenso potrà essere ridotto a misura inferiore di quella stabilita nel primo capoverso del presente articolo. Sulle porzioni di terreno così assegnate graveranno le imposte dal giorno delle assegnazioni.
    6. La porzione di terreno da assegnarsi in compenso dei diritti civici da liquidare dovrà essere determinata non solo col criterio della sua estensione ma con quello anche del suo valore. A tal fine il commissario potrà ordinare apposita perizia. E in tal caso sarà in facoltà delle parti di farsi assistere, ciascuna da un perito di propria fiducia, nelle operazioni che il perito ufficiale dovrà compiere entro il termine che avrà stabilito il commissario; dopo di che questi emanerà il suo finale provvedimento.
    7. Saranno esenti dalla divisione e gravati di un annuo canone di natura enfiteutica a favore del Comune, in misura corrispondente al valore dei diritti, da stabilirsi con perizia, i terreni che abbiano ricevuto dal proprietario sostanziali e permanenti migliorie, ed i piccoli appezzamenti non aggruppabili in unità agrarie. Restano ferme nelle Province ex pontificie le disposizioni dell'art. 9 del R. decreto 3 agosto 1891, n. 510, per l'affrancazione, a favore della popolazione di un Comune, di una frazione, o di una associazione agraria, di tutto o di parte del fondo gravato da usi civici, ed il commissario vi provvederà con le norme stabilite dall'articolo stesso, salvi i temperamenti che egli ritenesse convenienti in corrispondenza con i dimostrati bisogni della popolazione.
    8. Le comunioni generali per servitù reciproche, qualora esistano, e tutte le comunioni particolari nelle quali non siano demani comunali, salvo il caso di cui all'ultimo comma del presente articolo, saranno sciolte senza compenso. Le comunioni generali per condominio, e le particolari, sia per condominio sia per servitù, fra Comuni, fra Comuni e frazioni, o fra due frazioni anche dello stesso Comune, si scioglieranno con l'attribuzione a ciascun Comune o a ciascuna frazione di una parte delle terre in piena proprietà, corrispondente in valore all'entità ed estensione dei reciproci diritti sulle terre, tenuto conto della popolazione, del numero degli animali mandati a pascolare, e dei bisogni di ciascun Comune e di ciascuna frazione. Si considerano comunioni generali quelle costituite sugli interi territori delle comunità partecipanti; si considerano particolari quelle che comprendono solo una parte di detti territori. In considerazione dei bisogni dell'economia locale potranno essere conservate le promiscuità esistenti nel qual caso ne sarà fatto rapporto motivato al Ministero dell'economia nazionale, che provvederà.
    9. Qualora sulle terre di uso civico appartenenti ai Comuni, alle frazioni ed alle associazioni o ad esse pervenute per effetto della liquidazione dei diritti di cui all'art. l; siano avvenute occupazioni, queste, su domanda degli occupatori, potranno essere legittimate, sempre che concorrano unitamente le seguenti condizioni: a) che l'occupatore vi abbia apportato sostanziali e permanenti migliorie; b) che la zona occupata non interrompa la continuità dei terreni;
c) che l'occupazione duri almeno da dieci anni. Le stesse norme valgono per la legittimazione dell'acquisto delle quote dei demani comunali delle Province napoletane e siciliane, alienate durante il periodo di divieto. Non avvenendo la legittimazione, le terre dovranno essere restituite al Comune, alla associazione o alla frazione del Comune, a qualunque epoca l'occupazione di esse rimonti.
    10. Nel concedere la legittimazione di cui all'articolo precedente, il commissario imporrà sul fondo occupato ed a favore del Comune o dell'associazione un canone di natura enfiteutica, il cui capitale corrisponda al valore del fondo stesso, diminuito di quello delle migliorie, aumentato di almeno 10 annualità di interessi: tale aumento non sarà imposto, se l'occupante abbia già corrisposta una prestazione sia in generi che in denaro. Il detto canone potrà essere di misura inferiore quando l'occupatore avrebbe potuto beneficiarsi della quotazione. Le legittimazioni dovranno in ogni caso essere sottoposte all'approvazione sovrana. Capo II - Destinazione delle terre gravate di usi civici e di quelle provenienti dall'affrancazione.
    11. I terreni assegnati ai Comuni o alle frazioni in esecuzione di leggi precedenti relative alla liquidazione dei diritti di cui all'art. 1, e quelli che perverranno ad essi in applicazione della presente legge, nonché gli altri posseduti da Comuni o frazioni di Comuni, università, ed altre associazioni agrarie comunque denominate, sui quali si esercitano usi civici, saranno distinti in due categorie: a) terreni convenientemente utilizzabili come bosco o come pascolo permanente; b) terreni convenientemente utilizzabili per la coltura agraria.
    12. Per i terreni di cui alla lettera a) si osserveranno le norme stabilite nel capo 2° del titolo 4° del R.D. 30 dicembre 1923, n. 3267. I Comuni e le associazioni non potranno, senza l'autorizzazione del Ministero dell'economia nazionale, alienarli o mutarne la destinazione. I diritti delle popolazioni su detti terreni saranno conservati ed esercitati in conformità del piano economico e degli articoli 130 e 135 del citato decreto, e non potranno eccedere i limiti stabiliti dall'art. 521 del Codice civile.
    13. I terreni indicati alla lettera b) dell'articolo 11 sono destinati ad essere ripartiti, secondo un piano tecnico di sistemazione fondiaria e di avviamento colturale, fra le famiglie dei coltivatori diretti del Comune o della frazione, con preferenza per quelle meno abbienti, purché diano affidamento di trarne la maggiore utilità. Gli atti della ripartizione affidati agli istruttori e periti saranno omologati dal commissario e sottoposti all'approvazione sovrana.
    14. L'assegnazione dei terreni alle due categorie di cui all'art. 11 sarà determinata dal commissario, contemperando i bisogni della popolazione con quelli della conservazione del patrimonio boschivo e pascolivo nazionale, in base ad un piano di massima compilato da un delegato tecnico designato dal Commissario, previa autorizzazione del Ministro per l'economia nazionale.
    15. Qualora l'estensione lo consenta, i terreni destinati a coltura agraria, salvo il disposto dell'art. 17, potranno essere affidati dal Ministero dell'economia nazionale al delegato tecnico di cui all'articolo precedente, o ad altro nominato dal Ministero stesso, affinché prima della ripartizione siano con gestione unica sottoposti alle opere di sistemazione e di trasformazione necessarie alla razionale costituzione di unità fondiarie. Il delegato sarà assistito da quattro cittadini del Comune, scelti dal podestà e dalla assemblea dell'associazione degli utenti tra agricoltori ed esperti in materia agraria. Detto delegato ha il mandato: a) di gestire i terreni della categoria b) ed eseguire le occorrenti opere di trasformazione; b) di compilare ed attuare, ad opere compiute, il piano di ripartizione dei terreni in unità fondiarie, determinando le opere di miglioria da eseguirsi successivamente a cura degli assegnatari e gli altri obblighi di questi. Per gli uffici di cui alla lettera a) del presente articolo il delegato risponderà direttamente al Ministero dell'economia nazionale, giusta gli obblighi da stabilirsi all'inizio della gestione, e per quelli di cui alla lettera b) dovrà attenersi alle disposizioni contenute nel secondo comma dell'art. 13.
   16. Il delegato, per provvedersi dei mezzi necessari all'adempimento degli uffici, di cui all'articolo precedente, oltre a servirsi dei frutti e delle rendite dei terreni soggetti alla sua gestione, potrà valersi del credito agrario secondo le agevolazioni, in quanto vi siano applicabili, concesse dalle leggi raccolte nel testo unico 9 aprile 1922, n. 932, nonché delle altre previste dai Regi decreti 14 luglio 1918, n. 1142, 2 settembre 1919, n. 1633, 30 dicembre 1923, n. 3139, e dai successivi provvedimenti in materia di credito agrario.
   17. Qualora alla gestione dei terreni indicati alla lettera a) dell'art. 11 venga provveduto con la nomina di un direttore tecnico ai sensi del R. decreto 30 dicembre 1923, n. 3267, questi potrà essere incaricato anche delle funzioni di delegato tecnico di cui all'art. 15. 
   18. Il Ministro per l'economia nazionale, qualora lo ritenga opportuno, potrà affidare, in base ad apposita convenzione, in tutto o in parte la esecuzione delle occorrenti opere di trasformazione fondiaria e la gestione temporanea dei terreni, nel periodo precedente la ripartizione, all'Opera nazionale dei combattenti, od altri enti ed istituti legalmente riconosciuti, che diano affidamento di rapida e perfetta esecuzione. Ad essi sarà fatto obbligo di preferire per l'esecuzione dei lavori la mano d'opera locale.
    19. L'assegnazione delle unità fondiarie risultanti dalla ripartizione è fatta a titolo di enfiteusi, con l'obbligo delle migliorie e della osservanza delle altre condizioni determinate nel piano di ripartizione di cui agli articoli 13 e 15, sotto pena di devoluzione a favore del Comune, della frazione, o della associazione degli utenti.
   20. Il canone sarà fissato in base al prezzo dell'unità fondiaria, realizzabile in libera contrattazione, tenuto conto dei vincoli giuridici apposti all'assegnazione e del precedente diritto dell'assegnatario. Nel caso di ipoteca inscritta per mutui contratti per opere preliminari di sistemazione e trasformazioni fondiarie, nel canone sarà distinta la parte da corrispondersi agli istituti mutuanti.
    21. Le unità fondiarie abbandonate o devolute saranno riassegnate con le norme di cui agli articoli 13 e 19. Non sarà ammessa l'affrancazione se non quando le migliorie saranno state eseguite ed accertate: l'accertamento sarà fatto dalla locale Cattedra di agricoltura. Prima dell'affrancazione le unità suddette non potranno essere divise, alienate o cedute per qualsiasi titolo.
    22. Qualora l'estensione delle terre da ripartire non sia sufficiente per soddisfare tutte le domande delle famiglie che vi hanno diritto, si potrà provvedere all'assegnazione mediante sorteggio fra le famiglie indicate nel primo comma dell'art. 13. Allo scopo di aumentare la massa da dividere fra gli aventi diritto, è tuttavia consentito tanto ai Comuni quanto alle associazioni degli utenti di avvantaggiarsi delle disposizioni del decreto-legge Luogotenenziale 14 luglio 1918, n. 1142, diretto ad agevolare l'acquisto di nuovi terreni. La stessa facoltà è data ai Comuni ed alle associazioni per affrancare i canoni enfiteuci che gravano le terre da ripartire. Qualora occorra pagare quote di ammortamento per debiti incontrati dal Comune per l'acquisto delle terre, si applicherà la disposizione del capoverso dell'art. 20 limitatamente alla parte che viene ripartita.
    23. Gli assegnatari delle terre ripartite potranno riunirsi in consorzio per provvedersi più agevolmente dei mezzi necessari per utilizzarle e per godere dei vantaggi accordati dalle leggi. La riunione in consorzio sarà obbligatoria qualora il Ministero dell'economia nazionale, su proposta del delegato tecnico, lo ritenga necessario per l'esecuzione di opere e servizi di interesse comune. Le stesse norme valgono per la riunione di più consorzi.
    24. Il capitale di affrancazione dei canoni per effetto di liquidazione di diritti, per legittimazione di occupazioni, per quotizzazione, sarà investito in titoli del debito pubblico intestati al Comune, alla frazione od alla associazione, con vincolo a favore del Ministero dell'economia nazionale, per essere destinato in caso di bisogno, ad opere permanenti di interesse generale della popolazione. Egualmente sarà investito in titoli del debito pubblico, intestati come sopra è detto e con identico vincolo, il prezzo di vendita dei terreni dichiarati alienabili ai termini dell'art. 12.
   25. Il Ministero dell'economia nazionale, su proposta del commissario, o di sua iniziativa allorché questi abbia cessato dalle sue funzioni, od anche su richiesta della maggioranza degli utenti, potrà procedere allo scioglimento delle associazioni di cui all'art. 1, se il patrimonio sia insufficiente ai bisogni degli utenti, o vi siano motivi per ritenere inutile o dannosa la esistenza di esse. In tal caso i terreni delle associazioni saranno trasferiti ai Comuni o alle frazioni nel cui territorio trovansi compresi, con la destinazione corrispondente alla categoria cui essi appartengono. Quanto sopra si osserverà anche relativamente ai beni di altra natura posseduti dalle dette associazioni; però il Comune non potrà mutarne la destinazione senza l'autorizzazione del Ministero dell'economia nazionale. Non sarà permessa la costituzione di nuove associazioni per il godimento comune dei diritti di cui all'art. 1, ma potrà accordarsi il riconoscimento a quelle che siano già esistenti di fatto.
    26. I terreni di uso civico dei Comuni e delle frazioni e quelli delle associazioni, sia che passino ai Comuni od alle frazioni, sia che restino alle associazioni stesse, debbono essere aperti agli usi di tutti i cittadini del Comune o della frazione. Qualora per disposizioni speciali di leggi anteriori o per sentenze passate in giudicato fosse stato assicurato un diritto particolare ad alcune categorie di persone, il Ministero dell'economia nazionale, d'accordo col Ministero dell'interno, potrà stabilire i provvedimenti che secondo le circostanze si riterranno opportuni. I terreni suddetti di originaria appartenenza delle frazioni e gli altri che ad esse passeranno in seguito ad affrancazione o per effetto dell'art. 25, saranno amministrati dalle medesime, separatamente da altri, a norma della legge comunale e provinciale, a profitto dei frazionisti, qualunque sia il numero di essi. Con le norme della stessa legge saranno amministrati i beni delle associazioni conservate. Capo III - Giurisdizione e procedura.
    27. All'attuazione di quanto è disposto nella presente legge provvederanno con funzioni amministrative e giudiziarie i commissari regionali. I commissari saranno nominati con decreto Reale su proposta del Ministro per l'economia nazionale, con consenso del Ministro per la giustizia e gli affari di culto e scelti fra magistrati di grado non inferiore a quello di consigliere di Corte di appello e prenderanno il nome di commissari per la liquidazione degli usi civici. Il Ministro per l'economia nazionale determinerà la circoscrizione e la sede di ciascun commissariato.
    28. I commissari avranno alla propria dipendenza uno o più assessori da scegliersi fra magistrati di grado non superiore a quello di consigliere di appello, ovvero tra funzionari dello Stato che occupano nel quadro di classificazione gradi corrispondenti. Essi sono nominati con decreto del Ministro per l'economia nazionale, previo il consenso del Ministro dal quale dipendono. L'ufficio degli assessori sarà quello di coadiuvare il commissario in tutte le sue operazioni. Il commissario potrà affidare agli assessori tutti gli atti di istruzione e delegarli a trattare e ricevere le conciliazioni. Gli atti d'istruzione dei procedimenti in contenzioso da eseguirsi fuori della sede del commissariato potranno essere delegati anche ai pretori. I commissari potranno pure, per l'istruttoria e per la esecuzione delle operazioni di loro competenza, servirsi di speciali incaricati. Gli atti compiuti dagli assessori ed incaricati non saranno validi senza l'approvazione del commissario. In tutti gli atti del procedimento contenzioso di cui al secondo comma dell'articolo seguente, i commissari saranno assistiti da un segretario con le funzioni di cancelliere. I magistrati nominati ai sensi dell'art. 27 e del presente potranno essere posti fuori del ruolo organico della magistratura anche oltre al limite stabilito dall'art. 158 del R. decreto 30 dicembre 1923, n. 2786, in numero però non superiore a dieci, e ad essi si applicheranno le disposizioni dei commi secondo e quarto dell'articolo medesimo.
   29. I commissari procederanno, su istanza degli interessati od anche di ufficio, all'accertamento, alla valutazione, ed alla liquidazione dei diritti di cui all'art. 1, allo scioglimento delle promiscuità ed alla rivendica e ripartizione delle terre. I commissari decideranno tutte le controversie circa la esistenza, la natura e la estensione dei diritti suddetti, comprese quelle nelle quali sia contestata la qualità demaniale del suolo o l'appartenenza a titolo particolare dei beni delle associazioni, nonché tutte le questioni a cui dia luogo lo svolgimento delle operazioni loro affidate . In ogni fase del procedimento potrà essere promosso un esperimento di conciliazione, sia per iniziativa del commissario, sia per richiesta delle parti, le quali, per questo oggetto, potranno farsi rappresentare da persona di loro fiducia munita di speciale mandato. I commissari cureranno la completa esecuzione delle proprie decisioni e di quelle anteriori, ma non ancora eseguite. Tutte le conciliazioni, relative alle materie contemplate nella presente legge, dovranno riportare l'approvazione del commissario e del Ministero dell'economia nazionale, la quale terrà luogo di quella della Giunta provinciale amministrativa.
    30. Fino a che non sia intervenuta una decisione irrevocabile o una conciliazione debitamente omologata sull'esistenza, la natura e la liquidazione dei diritti a cui si riferisce la presente legge, i reclami relativi al possesso sono deferiti ai commissari, che regoleranno provvisoriamente, secondo il loro prudente arbitrio, l'esercizio del medesimo, sempre che, assunte sommarie informazioni, abbiano riconosciuto l'esistenza di un possesso di fatto. Quando però siasi commesso attentato violento o clandestino, il detto provvedimento discrezionale non potrà essere dato se non sia stata prima eseguita la reintegrazione in possesso.
   31. I commissari nel loro procedimento sono dispensati dalla osservanza delle forme della procedura ordinaria; però, prima di provvedere, dovranno sentire gli interessati e raccogliere sommariamente le osservazioni e le istanze. Quando la citazione nei modi ordinari sia sommamente difficile per il numero delle parti da citarsi, il commissario può autorizzare la citazione per pubblici proclami a norma dell'art. 146 del Codice di procedura civile. Qualora abbiano da decidere in ordine a quanto è previsto nell'art. 29, i commissari si atterranno alle norme del processo avanti i pretori, ed in ogni caso preventivamente sentiti gli interessati e raccolte le loro istanze e ragioni. Non sono ammesse altre eccezioni di nullità degli atti del procedimento fuori di quelle che lascino assoluta incertezza sulle persone, sull'oggetto dell'atto, sul luogo e tempo della comparizione o che concernono la essenza dell'atto. Le decisioni dei commissari saranno eseguite nonostante reclamo, salvo il disposto dell'ultimo comma dell'articolo seguente.
    32. Contro le decisioni dei commissari delle questioni concernenti l'esistenza, la natura e la estensione dei diritti di cui all'art. 1 e la rivendicazione delle terre è ammesso il reclamo alle Corti di appello, aventi giurisdizione nei territori ove sono situati i terreni in controversia, o la loro maggior parte. Il termine per proporre il reclamo è di giorni 30 dalla data di notificazione. Il reclamo contro decisioni preparatorie o interlocutorie potrà essere proposto solamente dopo la decisione definitiva ed unitamente al reclamo contro questa. Quando la Corte di appello riformando la sentenza del commissario, non decida definitivamente in merito, dovrà sempre rinviare la causa per il corso ulteriore al commissario. Le Corti di appello potranno ordinare la sospensione delle decisioni impugnate quando ravvisino che possano derivarne gravi danni.
    33. Tutte le autorità, uffici ed archivi sono obbligati a compiere ed eseguire atti, a fornire notizie, a rilasciare copie di documenti, a prestare ogni assistenza allorché ne siano richiesti dal commissario. Questi potrà altresì richiedere direttamente l'assistenza della forza pubblica.
    34. I commissari regionali assumono le funzioni attribuite ai prefetti ed ai commissari ripartitori nelle Province meridionali e siciliane, a norma dell'art. 16 della legge 20 marzo 1865, allegato E, e delle disposizioni successive. Nelle altre Province assumono quelle delle Giunte d'arbitri, istituite con le leggi 15 agosto 1867, n. 3910, 2 aprile 1882, n. 698, 7 maggio 1885, n. 3093, 28 febbraio 1892, n. 72 e con quelle raccolte nel testo unico approvato con R. decreto 3 agosto 1891, n. 510; nonché le funzioni delle Commissioni e dei commissari già istituiti nelle nuove Province per effetto della legge dell'ex Impero austro-ungarico del 7 giugno 1883 B. L. L. n. 94, e delle leggi ed ordinanze provinciali per le operazioni agrarie sulla divisione, sul regolamento e sull'affrancazione dei relativi diritti di godimento. Essi però, nelle Province cui dette leggi si riferiscono, assumeranno ed eserciteranno tutte le attribuzioni loro affidate con la presente legge. Le loro decisioni saranno impugnabili nei modi e nel termine stabiliti dall'art. 32.
    36. Il commissario competente provvederà con le norme della presente legge alla sistemazione dei demani silani attribuiti ai Comuni per effetto della legge 25 maggio 1876, n. 3124. Capo IV - Disposizioni generali e transitorie.
    37. La suprema direzione per l'esecuzione della presente legge rimane affidata al Ministero dell'economia nazionale. Esso, nell'interesse delle popolazioni, potrà promuovere e sollecitare le azioni e le operazioni previste dagli articoli 1 e 29.
    38. Le spese per l'indennità ai commissari, agli assessori e quelle per fitto di locali, per funzionamento degli uffici e per retribuzioni giornaliere al personale di segreteria e di servizio, nella misura di L. 800.000, saranno a carico dello Stato ed iscritte in apposito capitolo del bilancio del Ministero dell'economia nazionale.
   39. Le spese dei giudizi e delle operazioni nella misura stabilita dal commissario saranno anticipate dai Comuni o dalle associazioni, e depositate a disposizione del commissario presso la tesoreria provinciale o presso gli uffici postali, col sistema dei depositi giudiziari. In caso di negligenza o di rifiuto da parte dei Comuni, il commissario richiederà al prefetto ed alla Giunta provinciale amministrativa lo stanziamento d'ufficio della spesa nel bilancio comunale e l'emissione del mandato relativo. I commissari per provvedere alle spese suddette avranno anche facoltà di ordinare il deposito di una quota parte dei redditi dei beni di uso civico ai tesorieri dei Comuni o delle associazioni, ed anche ai debitori di tali redditi.
    40. Tutti gli atti di procedura eseguiti d'ufficio saranno esenti dalle tasse di bollo e di registro. Saranno invece redatti su carta da L. 4, e soggetti alla tassa fissa minima di registro in vigore, i decreti, le sentenze e le ordinanze di divisione, legittimazione e assegnazioni di terre. Sulla stessa carta da L. 4 saranno scritti gli atti di parte.
41. Tutti gli atti compiuti dai commissari sino alla data di pubblicazione della presente legge rimarranno fermi, in quanto non sieno appellabili e non sieno stati appellati nei termini legali. Nei giudizi di appello dalle decisioni emesse dai commissari anteriormente alla legge presente, si dovranno applicare, per tutti gli effetti, le norme in questa contenute. Alle controversie iniziate sotto l'impero di leggi anteriori nelle quali non sia intervenuta sentenza o decisione definitiva ed irrevocabile o transazione debitamente approvata si applicheranno le disposizioni della presente legge. Le cause che all'entrata in vigore della presente legge si troveranno in corso avanti qualsiasi autorità di prima istanza, saranno riassunte davanti il commissario.
    42. Le disposizioni contenute nell'art. 156 del R. decreto 30 dicembre 1923. n. 3267, relative all'assegnazione di demani comunali a colonie agricole, nonché quelle contenute negli articoli 13 e 29 del R. decreto 31 dicembre 1923, n. 3558, per quanto riguarda i demani comunali del Mezzogiorno d'Italia sono abrogate. Restano ferme tutte le disposizioni in materia di usi civici, demani comunali e diritti della natura di cui all'art. 1 che, attualmente vigenti, non siano contrarie a quelle contenute nella presente legge.
    43. Il Ministro per l'economia nazionale è autorizzato a stabilire con regolamento, da approvarsi con decreto Reale, le norme che potranno ritenersi necessarie per l'esecuzione delle presenti disposizioni.

LEGGE 20 novembre 2017, n. 168

Norme in materia di domini collettivi. (17G00181)

(GU n. 278 del 28-11-2017)

Vigente al: 13-12-2017

La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato;

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

 

Promulga

 

la seguente legge:

 

Art. 1

Riconoscimento dei domini collettivi


1. In attuazione degli articoli 2, 9, 42, secondo comma, e 43 della Costituzione, la Repubblica riconosce i domini collettivi, comunque denominati, come ordinamento giuridico primario delle comunita' originarie:

a) soggetto alla Costituzione;

b) dotato di capacita' di autonormazione, sia per l'amministrazione soggettiva e oggettiva, sia per l'amministrazione vincolata e discrezionale;

c) dotato di capacita' di gestione del patrimonio naturale, economico e culturale, che fa capo alla base territoriale della proprieta' collettiva, considerato come comproprieta' inter-generazionale;

d) caratterizzato dall'esistenza di una collettivita' i cui membri hanno in proprieta' terreni ed insieme esercitano piu' o meno estesi diritti di godimento, individualmente o collettivamente, su terreni che il comune amministra o la comunita' da esso distinta ha in proprieta' pubblica o collettiva.

2. Gli enti esponenziali delle collettivita' titolari dei diritti di uso civico e della proprieta' collettiva hanno personalita' giuridica di diritto privato ed autonomia statutaria.

Art. 2

Competenza dello Stato


1. La Repubblica tutela e valorizza i beni di collettivo godimento, in quanto:

a) elementi fondamentali per la vita e lo sviluppo delle collettivita' locali;

b) strumenti primari per assicurare la conservazione e la valorizzazione del patrimonio naturale nazionale;

c) componenti stabili del sistema ambientale;

d) basi territoriali di istituzioni storiche di salvaguardia del patrimonio culturale e naturale;

e) strutture eco-paesistiche del paesaggio agro-silvo-pastorale nazionale;

f) fonte di risorse rinnovabili da valorizzare ed utilizzare a beneficio delle collettivita' locali degli aventi diritto.

2. La Repubblica riconosce e tutela i diritti dei cittadini di uso e di gestione dei beni di collettivo godimento preesistenti allo Stato italiano. Le comunioni familiari vigenti nei territori montani continuano a godere e ad amministrare loro beni in conformita' dei rispettivi statuti e consuetudini, riconosciuti dal diritto anteriore.

3. Il diritto sulle terre di collettivo godimento si caratterizza quando si verificano le seguenti situazioni:

a) avere normalmente, e non eccezionalmente, ad oggetto utilita' del fondo consistenti in uno sfruttamento di esso;

b) essere riservato ai componenti della comunita', salvo diversa decisione dell'ente collettivo.

4. I beni di proprieta' collettiva e i beni gravati da diritti di uso civico sono amministrati dagli enti esponenziali delle collettivita' titolari. In mancanza di tali enti i predetti beni sono gestiti dai comuni con amministrazione separata. Resta nella facolta' delle popolazioni interessate costituire i comitati per l'amministrazione separata dei beni di uso civico frazionali, ai sensi della legge 17 aprile 1957, n. 278 .


5. I principi della presente legge si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano in conformita' ai rispettivi statuti e alle relative norme di attuazione.

Art. 3

Beni collettivi


1. Sono beni collettivi:

a) le terre di originaria proprieta' collettiva della generalita' degli abitanti del territorio di un comune o di una frazione, imputate o possedute da comuni, frazioni od associazioni agrarie comunque denominate;

b) le terre, con le costruzioni di pertinenza, assegnate in proprieta' collettiva agli abitanti di un comune o di una frazione, a seguito della liquidazione dei diritti di uso civico e di qualsiasi altro diritto di promiscuo godimento esercitato su terre di soggetti pubblici e privati;

c) le terre derivanti: da scioglimento delle promiscuita' di cui all'articolo 8 della legge 16 giugno 1927, n. 1766; da conciliazioni nelle materie regolate dalla predetta legge n. 1766 del 1927; dallo scioglimento di associazioni agrarie; dall'acquisto di terre ai sensi dell'articolo 22 della medesima legge n. 1766 del 1927 e dell'articolo 9 della legge 3 dicembre 1971, n. 1102; da operazioni e provvedimenti di liquidazione o da estinzione di usi civici; da permuta o da donazione;

d) le terre di proprieta' di soggetti pubblici o privati, sulle quali i residenti del comune o della frazione esercitano usi civici non ancora liquidati;

e) le terre collettive comunque denominate, appartenenti a famiglie discendenti dagli antichi originari del luogo, nonche' le terre collettive disciplinate dagli articoli 34 della legge 25 luglio 1952, n. 991, 10 e 11 della legge 3 dicembre 1971, n. 1102, e 3 della legge 31 gennaio 1994, n. 97;

f) i corpi idrici sui quali i residenti del comune o della frazione esercitano usi civici.

2. I beni di cui al comma 1, lettere a), b), c), e) e f), costituiscono il patrimonio antico dell'ente collettivo, detto anche patrimonio civico o demanio civico.

3. Il regime giuridico dei beni di cui al comma 1 resta quello dell'inalienabilita', dell'indivisibilita', dell'inusucapibilita' e della perpetua destinazione agro-silvo-pastorale.

4. Limitatamente alle proprieta' collettive di cui all'articolo 3 della legge 31 gennaio 1994, n. 97, e' fatto salvo quanto previsto dall'articolo 11, terzo comma, della legge 3 dicembre 1971, n. 1102
[mvg1] .

5. L'utilizzazione del demanio civico avviene in conformita' alla sua destinazione e secondo le regole d'uso stabilite dal dominio collettivo.

6. Con l'imposizione del vincolo paesaggistico sulle zone gravate da usi civici di cui all'articolo 142, comma 1, lettera h), del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, l'ordinamento giuridico garantisce l'interesse della collettivita' generale alla conservazione degli usi civici per contribuire alla salvaguardia dell'ambiente e del paesaggio . Tale vincolo e' mantenuto sulle terre anche in caso di liquidazione degli usi civici.

7. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le regioni esercitano le competenze ad esse attribuite dall'articolo 3, comma 1, lettera b), numeri 1), 2), 3) e 4), della legge 31 gennaio 1994, n. 97. Decorso
[g2]  tale termine, ai relativi adempimenti provvedono con atti propri gli enti esponenziali delle collettivita' titolari, ciascuno per il proprio territorio di competenza. I provvedimenti degli enti esponenziali adottati ai sensi del presente comma sono resi esecutivi con deliberazione delle Giunte regionali. Il comma 2 dell'articolo 3 della legge 31 gennaio 1994, n. 97, e' abrogato.

8. Negli eventuali procedimenti di assegnazione di terre definite quali beni collettivi ai sensi del presente articolo, gli enti esponenziali delle collettivita' titolari conferiscono priorita' ai giovani agricoltori, come definiti dalle disposizioni dell'Unione europea vigenti in materia.

La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sara' inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.

Data a Roma, addi' 20 novembre 2017

MATTARELLA

Gentiloni Silveri, Presidente del Consiglio dei ministri

Visto, il Guardasigilli: Orlando


 [mvg1]L. 1102/1971. Art. 11. (Patrimonio) comma 3.

Solo i beni acquistati dalle comunioni dopo il 1952 possono formare oggetto di libera contrattazione; per tutti gli altri la legge regionale determinera' limiti, condizioni, controlli intesi a consentire la concessione temporanea di usi diversi dai forestali, che dovranno comunque essere autorizzati anche dall'autorita' forestale della regione.

 [g2]b) ferma restando la autonomia statutaria delle organizzazioni, che determinano con proprie disposizioni i criteri oggettivi di appartenenza e sono rette anche da antiche laudi e consuetudini, le regioni, sentite le organizzazioni interessate, disciplinano con proprie disposizioni legislative i profili relativi ai seguenti punti:

1) le condizioni per poter autorizzare una destinazione, caso per caso, di beni comuni ad attività diverse da quelle agro-silvo-pastorali; assicurando comunque al patrimonio antico la primitiva consistenza agro-silvo-pastorale compreso l’eventuale maggior valore che ne derivasse dalla diversa destinazione dei beni;

2) le garanzie di partecipazione alla gestione comune dei rappresentanti liberamente scelti dalle famiglie originarie stabilmente stanziate sul territorio sede dell’organizzazione, in carenza di norme di autocontrollo fissate dalle organizzazioni, anche associate;

3) forme specifiche di pubblicità dei patrimoni collettivi vincolati, con annotazioni nel registro dei
beni immobili, nonchè degli elenchi e delle deliberazioni concernenti i nuclei familiari e gli utenti aventi diritto, ferme restando le forme di controllo e di garanzie interne a tali organizzazioni, singole o associate;

4) le modalità e i limiti del coordinamento tra organizzazioni, comuni e comunità montane, garantendo appropriate forme sostitutive di gestione, preferibilmente consortile, dei beni in proprietà collettiva in caso di inerzia o impossibilità di funzionamento delle organizzazioni stesse, nonchè garanzie del loro coinvolgimento nelle scelte urbanistiche e di sviluppo locale e nei procedimenti avviati per la gestione forestale e ambientale e per la promozione della cultura locale .

Legge 31 gennaio 1994, n. 97 (in Suppl. ordinario n. 24, alla Gazz. Uff. n. 32, del 9 febbraio). Nuove disposizioni per le zone montane. Art. 1. Finalità della legge. 1. La salvaguardia e la[...]

Legge 31 gennaio 1994, n. 97

(in Suppl. ordinario n. 24, alla Gazz. Uff. n. 32, del 9 febbraio).

Nuove disposizioni per le zone montane.

Art. 1. Finalità della legge.

1. La salvaguardia e la valorizzazione delle zone montane, ai sensi dell’art. 44 della Costituzione, rivestono carattere di preminente interesse nazionale. Ad esse concorrono, per quanto di rispettiva competenza, lo Stato, le regioni, le province autonome e gli enti locali.

2. Le disposizioni della presente legge costituiscono princìpi fondamentali ai sensi dell’art. 117 della Costituzione. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono alle finalità della presente legge secondo le disposizioni dei rispettivi statuti e delle relative norme di attuazione.

3. Quando non diversamente specificato, le disposizioni della presente legge si applicano ai territori delle comunità montane ridelimitate ai sensi dell’art. 28 della legge 8 giugno 1990, n. 142. Ai fini della presente legge, per si intendono ovvero in mancanza della ridelimitazione.

4. Sono interventi speciali per la montagna le azioni organiche e coordinate dirette allo sviluppo globale della montagna mediante la tutela e la valorizzazione delle qualità ambientali e delle potenzialità endogene proprie dell’habitat montano. Le azioni riguardano i profili:

a) territoriale, mediante formule di tutela e di promozione delle risorse ambientali che tengano conto sia del loro valore naturalistico che delle insopprimibili esigenze di vita civile delle popolazioni residenti, con particolare riferimento allo sviluppo del sistema dei trasporti e della viabilità locale;

b) economico, per lo sviluppo delle attività economiche presenti sui territori montani da considerare
aree depresse;

c) sociale, anche mediante la garanzia di adeguati servizi per la collettività;

d) culturale e delle tradizioni locali.

5. Le regioni e le province autonome concorrono alla tutela e alla valorizzazione del proprio territorio montano mediante gli interventi speciali, nel rispetto dell’art. 4, comma 6, della Carta europea dell’autonomia locale, di cui alla legge 30 dicembre 1989, n. 439.

6. Le disposizioni della presente legge si applicano altresì ai territori compresi nei parchi nazionali
montani istituiti ai sensi della legge 6 dicembre 1991, n. 394.

Art. 2. Fondo nazionale per la montagna.

1. é istituito presso il Ministero del bilancio e della programmazione economica il Fondo nazionale per la montagna.

2. Il Fondo è alimentato da trasferimenti comunitari, dello Stato e di enti pubblici, ed è iscritto
in un apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero del bilancio e della programmazione economica.
Le somme provenienti dagli enti pubblici sono versate all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al suddetto capitolo.

3. Le risorse erogate dal Fondo hanno carattere aggiuntivo rispetto ad ogni altro trasferimento ordinario o speciale dello Stato a favore degli enti locali. Le risorse sono ripartite fra le regioni e le province autonome che provvedono ad istituire propri fondi regionali per la montagna, alimentati anche con stanziamenti a carico dei rispettivi bilanci, con i quali sostenere gli interventi speciali di cui all’art. 1.

4. Le regioni e le province autonome disciplinano con propria legge i criteri relativi all’impiego delle risorse di cui al comma 3.

5. I criteri di ripartizione del Fondo tra le regioni e le province autonome sono stabiliti con deliberazione
del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, su proposta del Ministro del bilancio e della programmazione economica, d’intesa con il Ministro delle risorse agricole, alimentari e forestali.

6. I criteri di ripartizione tengono conto dell’esigenza della salvaguardia dell’ambiente con il conseguente sviluppo delle attività agro-silvo-pastorali eco-compatibili, dell’estensione del territorio montano, della popolazione residente, anche con riferimento alle classi di età, alla occupazione ed all’indice di spopolamento, del reddito medio pro capite, del livello dei servizi e dell’entità dei trasferimenti ordinari e speciali.

Art. 3. Organizzazioni montane per la gestione di beni agro-silvo-pastorali.

1. Al fine di valorizzare le potenzialità dei beni agro-silvo-pastorali in proprietà collettiva indivisibile ed inusucapibile, sia sotto il profilo produttivo, sia sotto quello della tutela ambientale, le regioni provvedono al riordino della disciplina delle organizzazioni montane, anche unite in comunanze, comunque denominate, ivi comprese le comunioni familiari montane di cui all’art. 10 della legge 3 dicembre 1971, n. 1102, le regole cadorine di cui al decreto legislativo 3 maggio 1948, n. 1104, e le associazioni di cui alla legge 4 agosto 1894, n. 397, sulla base dei seguenti princìpi:

a) alle organizzazioni predette è conferita la personalità giuridica di diritto privato, secondo modalità stabilite con legge regionale, previa verifica della sussistenza dei presupposti in ordine ai nuclei familiari ed agli utenti aventi diritto ed ai beni oggetto della gestione comunitaria;

b) ferma restando la autonomia statutaria delle organizzazioni, che determinano con proprie disposizioni i criteri oggettivi di appartenenza e sono rette anche da antiche laudi e consuetudini, le regioni, sentite le organizzazioni interessate, disciplinano con proprie disposizioni legislative i profili relativi ai seguenti punti:

1) le condizioni per poter autorizzare una destinazione, caso per caso, di beni comuni ad attività diverse da quelle agro-silvo-pastorali; assicurando comunque al patrimonio antico la primitiva consistenza agro-silvo-pastorale compreso l’eventuale maggior valore che ne derivasse dalla diversa destinazione dei beni;

2) le garanzie di partecipazione alla gestione comune dei rappresentanti liberamente scelti dalle famiglie originarie stabilmente stanziate sul territorio sede dell’organizzazione, in carenza di norme di autocontrollo fissate dalle organizzazioni, anche associate;

3) forme specifiche di pubblicità dei patrimoni collettivi vincolati, con annotazioni nel registro dei
beni immobili, nonchè degli elenchi e delle deliberazioni concernenti i nuclei familiari e gli utenti aventi diritto, ferme restando le forme di controllo e di garanzie interne a tali organizzazioni, singole o associate;

4) le modalità e i limiti del coordinamento tra organizzazioni, comuni e comunità montane, garantendo appropriate forme sostitutive di gestione, preferibilmente consortile, dei beni in proprietà collettiva in caso di inerzia o impossibilità di funzionamento delle organizzazioni stesse, nonchè garanzie del loro coinvolgimento nelle scelte urbanistiche e di sviluppo locale e nei procedimenti avviati per la gestione forestale e ambientale e per la promozione della cultura locale.

2. Fino alla data di entrata in vigore delle norme regionali previste nel comma 1 continuano ad applicarsi le norme vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge, in quanto con essa compatibili.

Art. 4. Conservazione dell’integrità dell’azienda agricola.

1. Nei comuni montani, gli eredi considerati affittuari ai sensi dell’art. 49 della legge 3 maggio 1982, n. 203,
delle porzioni di fondi rustici ricomprese nelle quote degli altri coeredi hanno diritto, alla scadenza del rapporto
di affitto instauratosi per legge, all’acquisto della proprietà delle porzioni medesime, unitamente alle
scorte, alle pertinenze ed agli annessi rustici.

2. Il diritto di cui al comma 1 è acquisito a condizione che i predetti soggetti dimostrino:

a) di non aver alienato, nel triennio precedente, altri fondi rustici di imponibile fondiario superiore a lire
500.000, salvo il caso di permuta o cessione a fini di ricomposizione fondiaria;

b) che il fondo per il quale intendono esercitare il diritto, in aggiunta ad altri eventualmente posseduti in
proprietà o enfiteusi, non superi il triplo della superficie corrispondente alla capacità lavorativa
loro o della loro famiglia;

c) di essersi obbligati, con la dichiarazione di cui all’art. 5, comma 1, a condurre o coltivare direttamente
il fondo per almeno sei anni;

d) di essere iscritti al Servizio contributi agricoli unificati (SCAU) ai sensi della legge 2 agosto 1990, n. 233, in qualità di coltivatore diretto o imprenditore agricolo a titolo principale. 3. La disciplina prevista dal presente articolo non si applica nella provincia autonoma di Bolzano.

…..OMISSIS……